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30 marzo 2023

A volte bastano pochi secondi per salvare il tuo business.
Guasti, errori umani, attacchi informatici o disastri ambientali sono sempre in agguato e possono mettere a rischio le attività delle aziende.
Per questo ogni impresa dovrebbe sviluppare un piano di disaster recovery che permetta di ripristinare rapidamente i servizi informatici in caso di interruzioni.

La buona notizia è che, grazie alle nuove tecnologie Cloud IaaS (infrastructure as a service), ora è possibile impostare un disaster recovery (DR) sicuro, scalabile e gestibile con un semplice click.

Nel mondo digitale un guasto imprevisto all’infrastruttura IT può diventare molto costoso per un’azienda o addirittura comprometterne l’esistenza.

L’azienda resta isolata, la produzione e gli ordini si bloccano, il personale resta inoperativo, i materiali in lavorazione rischiano di andare perduti.
Soprattutto un’azienda rischia di non poter erogare servizi ai propri Clienti per un tempo imprecisato.
Questo significa perdere opportunità di business e subire danni di immagine.

Una ricerca dell’azienda di consulenza Gartner ha stabilito che il costo medio di un downtime si attesta tra i 100.000 e i 500.000 dollari all’ora in base alle dimensioni dell’azienda e al settore in cui opera.

In caso di incidenti gravi o disastri naturali, tutti i dati e le infrastrutture IT che assicurano la vita di un’azienda potrebbero essere letteralmente spazzati via.

Per questo i piani di business continuity e disaster recovery hanno un valore strategico.

Quando si parla di sicurezza, i termini business continuity e disaster recovery vengono spesso abbinati. Quali sono le differenze?

Con business continuity si intende la capacità di costruire un piano che garantisca la continuità operativa dell’azienda nel tempo.

Questo piano prevede solitamente la creazione di procedure e di un’infrastruttura IT che impediscano il blocco delle attività (downtime) in caso di guasti o eventi imprevisti.
La business continuity viene ad esempio realizzata utilizzando sistemi di backup per le connettività e di ridondanza dei server che erogano i servizi.

Un piano di questo genere può ridurre notevolmente i rischi, ma di certo non può azzerarli: in informatica, come dicono gli esperti, non esiste sicurezza al 100%.

Ogni piano per la business continuity deve quindi prevedere anche un capitolo dedicato al disaster recovery.

Il disaster recovery comprende una serie di azioni finalizzate al recupero delle funzionalità IT in seguito a una interruzione dovuta a guasto, errore umano, attacco informatico o disastro naturale.
vantaggi di un piano di disaster recovery ben formulato sono notevoli:

  • minimizza i tempi di inattività
  • riduce l’impatto economico e di immagine di un downtime
  • stabilisce le migliori strategie di ripristino dei sistemi
  • informa il personale su come evitare pericoli e come agire in caso di disastro.

Il piano di disaster recovery si basa essenzialmente sulla replica e il backup dei dati e delle infrastrutture IT.
Questi sistemi di backup devono essere realizzati tramite risorse off-premise, sempre accessibili, dislocate in una sede fisica diversa da quella primaria o ospitate in Cloud.

Gli elementi da considerare in un piano di DR sono diversi:

  • individuare le infrastrutture IT critiche per la continuità del lavoro
  • stabilire tempi massimi di inattività sostenibili dall’azienda (RTO, cioè Recovery Time Objective)
  • scegliere tecnologie e sistemi da utilizzare per il backup (es. backup dei dati su server fisici o virtuali, backup dell’intera infrastruttura IT)
  • valutare le risorse da destinare ai sistemi di disaster recovery
  • individuare procedure per la prevenzione degli incidenti, per la rilevazione dei rischi e per la riattivazione dei sistemi in caso di incidente
  • pianificare verifiche periodiche del funzionamento dei sistemi.

Prima dell’avvento dell’informatica, il disaster recovery consisteva essenzialmente nella creazione di copie cartacee dei documenti più importanti.

La diffusione di PC e server ha permesso di immagazzinare le informazioni all’interno di macchine. 
In questa fase storica alle aziende bastava replicare i dati su pochi server ospitati in una piccola stanza ricavata tra gli uffici o in un’altra sede e dotata di UPS.

Con la rivoluzione digitale la quantità di dati prodotti da ogni azienda è aumentata in maniera esponenziale, rendendo obsoleti e poco economici i sistemi di backup fisico dei dati. Esternalizzare le infrastrutture IT, affidandosi a fornitori di servizi Cloud, è diventata una necessità

Le tecnologie in Cloud permettono di duplicare i dati in tempo reale e di renderli accessibili a tutti i dipendenti, ovunque si trovino.

Se una sede si blocca, come ad esempio è avvenuto durante la pandemia, grazie a un piano accurato di disaster recovery i dipendenti possono trasferirsi in un altro ufficio dell’azienda oppure lavorare da casa.

In questo caso i server e l’infrastruttura informatica sarebbero duplicati nel Cloud e accessibili per i dipendenti in ogni momento e da qualunque postazione internet.

Il Cloud è quindi una soluzione ideale per effettuare un disaster recovery poiché:

  • riduce i costi rispetto a un sistema di ripristino basato su risorse fisiche (ad es. un data center fisico di ripristino)
  • permette di effettuare con semplicità sia il backup dei dati che delle macchine virtuali
  • rende i dati sempre disponibili tramite server virtuali ospitati in Data Center ridondati e sicuri gestiti da terzi e distanti dal luogo del “disastro”
  • offre sistemi di sicurezza avanzati.

Naturalmente i servizi Cloud, per diventare un solido pilastro di un piano di DR, devono a loro volta offrire garanzie sulla resilienza.

Una buona soluzione di disaster recovery in Cloud dovrebbe infatti fornire un mix di sicurezzaefficienza e flessibilità (senza dimenticare la trasparenza su costi e consumi).

Il primo punto da considerare per semplificare il piano di DR è la completa ridondanza dei sistemi IT.
Un provider di servizi Cloud dovrebbe mettere a disposizione un Data Center primario, completamente ridondato a livello locale e protetto da sistemi antincendio e per l’approvvigionamento energetico.

Questa struttura dovrebbe essere collegata in tempo reale – tramite anelli in fibra ottica ad elevate prestazioni – con un Data Center secondario che replica esattamente quello primario (ridondanza geografica).
Questa configurazione permette di mantenere la continuità del servizio in ogni circostanza, evitando la creazione di quelli che vengono definiti single point of failure.

Le soluzioni in Cloud IaaS di ultima generazione permettono inoltre di gestire le macchine virtuali dell’azienda in autonomia tramite pannelli di controllo dedicati.
In questo modo il Cliente può aumentare o diminuire le risorse necessarie in base alle necessità del momento, eliminando gli investimenti in hardware.

Lo stesso pannello dovrebbe anche riportare informazioni dettagliate e facili da consultare sui costi, i consumi e lo stato delle singole macchine.

Di recente Vianova ha rilasciato una nuova funzionalità che consente di gestire il propio disaster recovery con un click, sfruttando i due Data Center di Vianova, con le ridondanze complete che già offre ai suoi Clienti.

La nuova funzionalità garantisce il ripristino dell’operatività dei servizi in tempi ridottissimi, a seguito di un default del Data Center primario e permette ai Clienti di poter continuare ad erogare i propri servizi tramite i server virtuali in Vianova Cloud dislocati sul Data Center secondario.

Il Cliente può utilizzare il proprio pannello di controllo dedicato per impostare in maniera semplice il disaster recovery su ogni server o macchina virtuale attivata, decidendo anche in anticipo la percentuale di risorse vCPU e vRAM (50 o 100%) da dedicare al disaster recovery.

In questo modo il servizio unisce sicurezza e flessibilità ai massimi livelli, mantenendo semplice il piano di DR per l’IT manager e tutte le funzioni aziendali coinvolte.

Infatti non sarà necessario l’intervento umano per garantire la continuità dei servizi in caso di disastro, poiché i sistemi di Vianova si occuperanno di far ripartire automaticamente tutti i server o macchine virtuali coperti dalla funzionalità di disaster recovery.